Una scatola da scarpe. Vuota, per giunta. Ma si può ricevere come regalo di compleanno una cosa così? Che poi non è neanche un regalo, sospirò Lucia.
La scatola stava sul tavolo della cucina. Così, senza un pacchetto, con sopra semplicemente un post-it che diceva: È vuota mamma, ti ricorda qualcosa? Arianna. Aveva dovuto fare uno sforzo, poi c’era arrivata: da tempo aveva promesso a sua figlia che avrebbe scucito lei i soldi per quel paio di stivaletti tanto cariiiini che erano diventati la fissazione di Arianna. Inutile dire che a vent’anni la ragazza avrebbe potuto anche provvedere a far da sè, ma ormai la promessa era stata fatta.
Scosse la scatola, la aprì. Ma niente, neanche l’ombra di un regalino-ino-ino. Se n’è proprio dimenticata, pensò Lucia. Un velo d’ombra calò nella sua testa.
La giornata non era iniziata nel modo migliore. Subito dopo colazione Arianna se n’era uscita di corsa, evitando le proteste della madre.
- Aspetta, mica ti ho detto di sì.
Ma la ragazza si era già involata giù per le scale.
C’era stata una discussione: Arianna le aveva comunicato (non chiesto: comunicato) che avrebbe passato la giornata con le amiche nella casa di montagna, in Bondone, e che si sarebbero portate dietro pure suo fratello. Lucia si era impuntata: che ci andate a fare a metà settembre, c’è pure un temporale e fa freddino lassù, poi la casa è tutta da sistemare, ecc. Niente, la ragazza non aveva voluto sentir ragioni.
- Tornerete almeno per cena?
Dal fondo del giroscale salì un grido misto a una risata:
- Vedremo, mamma!
Se n’è dimenticata, sospirò Lucia. E lei che per quella sera aveva pure pensato di farsi fare una piccola torta in pasticceria. Al diavolo, me la mangerò da sola, sibilò fra sé.
Non è che poi la giornata fosse trascorsa meglio, anzi. Nel pomeriggio il cielo sopra Trento prima si era incupito e poi aveva cominciato a rovesciare di sotto tanta acqua che pareva non avesse mai piovuto. Lucia occhieggiò molte volte dalla finestra nella direzione del Bondone prima di decidersi a calarsi nella parte che le veniva meglio, ma che al tempo stesso detestava di se stessa, ovvero quella della mammina-ansiosa-che-si-preoccupa. Selezionò con cura la sua complice, e nel lotto delle madri delle amiche di Arianna scelse di chiamare Teresa, la più ansiogena di tutte. Almeno non si sarebbe sentita l’unica ridicola.
La voce della donna però era stata, fin dal ciao, estremamente tranquilla. Anche quando le aveva detto:
- Bondone? A me risulta che siano qui in città. Mio marito ha visto poco fa il gruppetto uscire da una gioielleria del centro.
In città? Gioielleria? Quando chiuse la telefonata Lucia era indecisa se incazzarsi o preoccuparsi. Sicuramente Arianna e Filippo avevano tradito la sua fiducia: altro che giornata in montagna! E per combinare qualche stupidaggine, tra l’altro.
Chiamò la figlia, ma il suo cellulare risultava spento. Idem quello di Filippo. Che fare? Aspettò. Una, due ore. Col telefono in mano, mentre nervosamente sistemava casa.
Quando il cellulare alla fine suonò, sembrò che le esplodesse in mano. Sullo schermo comparve il nome ARY. Lucia non fece in tempo a passare in modalità Arrabbiatura-Spinta che la figlia esordì:
- Mamma, tutto ok. Ma dovresti venire su in Bondone.
- Come dovrei? Che è successo?
Se Arianna voleva tranquillizzarla ci era riuscita nella maniera peggiore.
- Niente, davvero. Ma qui URGE la tua presenza.
Nel giro di qualche minuto era già al volante. Divorò la strada in un tempo che le pareva di partecipare alla Trento-Bondone. Un tempone, di sicuro.
Quando fu davanti alla casetta in Vanezze - ereditata dai nonni, da sempre il rifugio fuori città della loro famiglia - vide subito che sulla porta di ingresso era stato affisso un biglietto. Lo lesse d’un fiato:
La fiducia è preziosa e delicata come una gemma: ci vuole impegno per guadagnarla e molta cura per non scalfirla.
Entrò. Le si fecero incontro i figli, con aria misteriosa. Lucia allungò il collo per sbirciare nell’interno, ma non vide nessun altro. La casa non bruciava. Non c’era stata nessuna inondazione. Pareva tutto tranquillo: forse troppo.
- Mamma, chiudi gli occhi!
Ubbidì. Aveva altra scelta? Fu condotta a mano nel salotto attiguo all’entrata. Quando le fu permesso di riaprire gli occhi, c’era Arianna davanti a lei, tutta gongolante: tra le mani teneva una scatola per le scarpe, identica a quella che Lucia aveva trovato alla mattina. La aprì: quello che vide le fece avvampare le gote per l’emozione.
- L’acquamarina della nonna! Da dove salta fuori?
- Me la avevi affidata tu, mamma. Due anni fa, quando ho compiuto i diciotto. L’anello della nonna era tutto rotto, così io e Filippo con la complicità e l’affetto della tua gioielleria di fiducia abbiamo fatto inserire questa bellissima pietra azzurra in una collana. A spese nostre! E adesso è tua.
- Mia? - Lucia era frastornata, commossa. Altro che stivaletti! Era quella, la collana, l’oggetto a cui aveva fatto riferimento la figlia nel post-it mattutino.
Arianna sorrise.
- Ci è sembrato il regalo perfetto per il tuo compleanno.
Poi aggiunse, sorniona:
- Credevi forse che ce ne fossimo dimenticati?